Comunità e Territorio. Dai Balcani al Baltico

by Claudia Zanfi

Una Nazione è spesso uno Stato, ma il contrario non è sempre vero. Cosa distingue i due concetti oggi? Come si compongono gli Stati europei, come si strutturano socialmente, culturalmente ed economicamente? Come si identificano? Quali sono I simboli comuni? Sono solo alcune delle domande che ci siamo posti nell’affrontare questa quarta edizione del progetto di arte pubblica e condivisa Going Public’05.
Se fino a qualche anno fa l’interesse per pratiche dal basso, interventi sociali, azioni collettive veniva individuato in parallello ai territori dell’America Latina, già da tempo l’attenzione si è spostata ad Est. Dopo una prima fase nell’area balcanica della Tessalia (1), Going Public’05 presenta a Modena e a Formigine il secondo appuntamento, che dà luogo a una ricerca sul tema degli scambi culturali ed economici tra Est ed Ovest, nei nuovi assetti europei. Si svolge con una rete di partners e di artisti provenienti in prevalenza da paesi ex- URSS (Romania, Moldavia, Polonia, Lituania). L’edizione 2004 ha tracciato linee orizzontali, che attraversano il Mediterraneo da Gibilterra a Cipro; oggi la nostra ricerca scorre lungo l’asse verticale (appunto dai Balcani al Baltico) che divideva in due blocchi l’Europa.
Negli ultimi anni l’area Balcanica ha conosciuto grandi cambiamenti anche dal punto di vista artistico e culturale: sono sorte nuove realtà museali ed istituzionali e, allo stesso tempo, una nuova generazione di artisti si è imposta all’attenzione, guadagnando visibilità non solo all’interno dei propri paesi ma anche nella scena internazionale. La Romania , zona centrale di quell’Europa Balcanica geograficamente posizionata ad Est, uno tra gli stati che a breve entrerà nell’allargamento EU, rivela interessanti aspetti artistici, sociali e culturali. Rispetto a 15 anni fa, oggi, fortunatamente, lo scenario è cambiato in modo radicale. Nonostante la crisi dei partiti democratici alle elezioni del 2000 (che ha riaperto la strada ad alcuni seguaci di Ceausescu) la Romania (2) cerca di fare chiarezza sul suo passato e di guardare con serenità al futuro. La nuova scena artistica rumena fa parte di questo importante cambiamento.
Tra i maggiori rappresentati del nuovo corso culturale è Dan Perjovschi,
intellettuale e artista concettuale. Dal ’92 è responsabile del più importante periodico di Bucarest Revista 22 (22 dicembre 1989, rivolta a Ceausescu), maggiore organo di informazione culturale del paese. L’autore è noto per le sue ironiche figure a matita, che ben rappresentano i contrasti e le difficoltà dell’incontro tra Est e Ovest, e le pressioni verso le società post-comuniste.
Calin Dan, artista, architetto, esponente del gruppo subREAL (ora non più attivo) esplora attraverso i propri video la multiforme realtà urbana e umana di Bucarest. In Sample City usa come guida un personaggio tratto da un’antico racconto rumeno, che percorre la città caricandosi una porta sulle spalle, (simbolo di migrazione e di architetture mobili). La colonna sonora è un mix di varie sub-culture: dai lamenti delle orchestre gipsy, alle influenze del folklore orientale, all’hip-hop e drum-’n-bass.
Mircea Cantor, Ciprian Muresan, Gabriela Vanga, gruppo di giovani artisti rumeni è ideatore il progetto editoriale Version Magazine, un tabloid realizzato raccogliendo testi, interviste, articoli, immagini, su temi monografici quali la libertà e la rivoluzione, i confini e i territori, ecc…In occasione di Going Public gli autori (in collaborazione con alcuni neo-laureati modenesi), hanno svolto una ricerca sugli articoli di giornali usciti dopo il 1989 sia Italia che in Romania sui reciproci popoli. Ne esce uno spaccato di due società che cercano di incontrarsi, a volte senza comprendersi.
Interessato al mondo della fotografia e dei video, Razvan Ion è
il fondatore (con Eugen Radescu) del primo periodico rumeno di arte e fotografia ArtPhoto, edito completamente in inglese e distribuito a livello internazionale. Nei suoi video elabora con colori brillanti e artificiali, tipici della propaganda, gli ultimi momenti di vita pubblica di Caucescu, con masse di dimostranti nelle piazze di Bucarest. Recycle Mentality, del gruppo Critical Factor (fondato dallo stesso Ion), mostra ancora come il contrasto Est/Ovest si basa prevalentemente su fattori economici, sul consumismo e a seguito di questo sui “lavaggi di cervello” effettuati ai consumatori.
Di forte interesse è la rappresentanza di artisti della vicina Moldavia. Tra questi Pavel Braila, che con il video Shoes for Europe, si è fatto ben notare all’ultima edizione di Documenta. Le opere dell’artista testimoniano la lenta e laboriosa evoluzione sociale del passaggio da Est a Ovest. Il film si svolge nella stazione Ungheni, al confine tra la Moldavia e la Romania, dove le ruote dei treni dell’Est europeo vengono adattate ai binari dei paesi dell’Ovest, a scartamento differente. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la stazione ha subìto radicali cambiamenti, diventando un luogo della memoria e del passato, simbolo di una società a due velocità. Stefan Rusu, da alcuni anni sta svolgendo un’azione di attivismo con il Frunza Project.
Mr. Frunza, è un rivoluzionario russo, originario della Transnistria, (storicamente la regione rumena di Bessarabia), che fu il luogo da cui partì l’idea di annessione della Moldavia alla URSS. Frunza (che significa “foglia d’albero”) è lo spunto per ripercorrere la storia recente e lontana del paese, dalle guerre civili, al collasso del blocco orientale, alle guerre nei Balcani. Attraverso il progetto Green Brotherhood Movement, l’artista dà vita ad un movimento pacifista e di salvagurdia delle aree verdi ad Est della Moldavia, sulle tracce dei percorsi segnati da Frunza. E’ una nuova rilettura del territorio, esorcizzando guerre a favore di interventi di pacificazione.
Altro territorio dell’Est europeo presente in questa indagine è la Polonia (3).
Grzegorz Klaman, docente all’Accademia di Belle Arti di Danzica e fondatore del centro culturale Wyspa Progress Foundation, nei cantieri navali della città, proprio dove nacque il movimento di Solidarnosh. Klaman da tempo si interroga sulle fobie nazionali: inni, bandiere, emblemi, ecc…E’ così divenuto l’autore di una serie di bandiere modificate: una bandiera può essere onorata e difesa, area di discussione, di scambio e di ridefinizione dei simboli. Con questo approccio l’autore ha tenuto a Formigine un laboratorio sul tema delle molteplici identità e simboli della “Nuova Europa”, insieme a giovani artisti e studenti del territorio. Pawel Althamer, spesso unisce misticismo politico, sociale e religioso nelle sue performance o nei video. Per Going Public realizza una nuova performance insieme a un gruppo di immigrate. Sono soprattutto le donne polacche - badanti, infermiere, assistenti domestiche - al centro di un laboratorio sul lavoro manuale e l’uso locale della ceramica, a cui fa da sfondo la modenese Chiesa di San Pietro, luogo privilegiato dei loro incontri. Medusa Group (Przemo Lukasik e Lukasz Zagala) architetti impegnati da tempo nel recupero e nella valorizzazione delle ex-miniere di carbone della Slesia, a sud del paese, zona di forte interesse socio-territoriale. Gli edifici post-industriali e le miniere ora in disuso, vengono ripensati per nuovi utilizzi: centri culturali, cinema, teatri, biblioteche, ecc… Per Going Public presentano il progetto CineOest, un’installazione di cinema mobile, allestita in un giardino pubblico, per ospitare video-proiezioni d’artista.
Altri autori hanno aderito al progetto, aggiungengo con le proprie opere, spessore al tema affrontanto quest’anno.
Franco Vaccari, sperimentatore di tendenze e di tecnologie, è noto per i suoi viaggi verso l’Est, “oltre cortina”, come si usava dire prima della caduta del muro. In occasione di Going Public realizza un video sulla comunità rumena a Modena, sui loro luoghi di incontro, come la chiesa ortodossa sulla via Emilia Est, e sul loro sentimento di lontananza da casa. L’altro lato della medaglia, dopo la precedente analisi sulla via Emilia Ovest, luogo notturno e di prostituzione. Aldo Runfola, artista poliedrico e nomade (Palermo, NYC, Londra, Milano), unisce concettualmente le culture delle due isole agli estremi d’Europa (mediterranea/anglosassone) e racconta il disagio di un mondo in cui tutto ha valore solo se quotato in borsa. Per Going Public realizza una installazione inedita, in cui le frasi di un testo teorico/filosofico sono riportate con lettere adesive sulle pareti dell’atrio della Stazione Centrale.
Ursula Biemann, con il progetto Black Sea File realizza uno studio sulla trasformazione dei territori, sui movimenti delle persone e sulle traiettorie umane, in seguito alla costruzione del maggiore oleodotto europeo. Questa impresa, registrata dall’artista con video, fotografie e racconti, attraversa i confini europei, dal Mar Caspio al Mar Mediterraneo, in una sequenza di paesaggi sociali, umani e culturali. Infine Atelier Van Lieshout, gruppo di artisti e architetti attivi sul concetto di mobilità e di condivisione. Per Going Public viene presentato un loro progetto inedito: una struttura/chiosco/ info point mobile, a memoria degli innumerevoli “Kiosk” che animano le vie e le piazze delle città dell’Est.
Come si presentano oggi le nuove frontiere della convivenza? Qual è il ruolo dell’artista in questa nuova Europa “transnazionale”, di diversità culturali, storiche e politiche? Partendo dal riferimento a Norman Davis (uno dei più importanti storici sull’Europa) Zygmunt Bauman afferma che la questione principale consiste nella molteplicità di culture che formano l’Europa. Questo è il patrimonio da salvaguardare: “world is important, but local is more”. Liquide e mobili devo essere invece le opportunità al di là dei singoli confini, con aperture costanti verso l’esterno. Bauman sostiene che tra dieci o quindici anni nazioni come Italia, Francia, Spagna potranno essere di scarso interesse economico, poiché superate da “nazioni giovani” come Polonia e Romania, in forte sviluppo, crescita economica, e dove l’età media è assai più bassa. La Nuova Europa (5) ha una grande sfida da vincere: imparare a vivere con la varietà, con le differenze. E qui entra in gioco il ruolo dell’artista, unica figura in grado di abbattere realmente le barriere. “Quest’avventura chiamata Europa” ha bisogno di un’anima, che può essere trovata tra i propri artisti, e soprattutto nella salvaguardia di uno stato sociale.

note

(1) Territorio greco ai confini con Albania e Macedonia; progetto su invito della città, per l’apertura del nuovo spazio di Arte Contemporanea di Larissa. La prima sezione di lavoro, ha visto artitsti internazionali, con una presenza di autori dei paesi dell’ex- Jugoslavia, impegnati in vari laboratori e installazioni urbane. L’intento è fare luce sulla vita in territori di confine, sulle migrazioni e i flussi della gente, sulle attività delle piccole comunità residenti a Larissa,
e provenienti dall’ampio bacino balcanico e dall’est europeo (rom, vlachos, rifugiati dall’Asia Minore, dalla Russia, Albania, Serbia, ecc…). L’evento è stato realizzato in collaboraizone con Centro Arte Contemporanea Larissa, e l’Università di Volos – Facoltà di Architettura, Facoltà di Storia e di Antropologia; oltre al Dipartimento Cultura; Centro per la Musica; Prigioni di Stato; Comunità Rom di Larissa; Comunità di Farkadona; Città di Trikkala; Deste Foundation; Ministero Beni Cutlurali, Atene; Comprensorio della Tessalia e della Macedonia. Artisti presenti: Maja Bajevic (Bosnia), Pablo Leon de la Barra (Mexico/London), Fabiana de Barros (Brasil/Switzerland), Raimond Chaves+Gilda Mantilla (Colombia/Spain/Perù), Nikos Charalambidis (Cyprus), Gianmaria Conti (Italia), Hariklia Hari (Greece), Maria Loizidou (Cyprus), Nomads&Residents (NYC/ Rotterdam/ Rome), Adian Paci (Albania), Maria Papadimitriou (Greece), Personal Cinema (Greece), Alexandros Psychoulis (Greece), Marietica Potrc (Slovenia), Rirkrit Tiravanija (NYC/ Bangkok), Vangelis Vlahos (Greece).

(2) Terra di transiti, crocevia di lingue e culture, negli anni ’60, sotto il regime di Ceausescu, il popolo rumeno viene sottoposto ad un rigido programma economico, per l’estinzione del debito pubblico. Lo standard di vita della popolazione subisce un forte peggioramento negli anni '80, sia per una politica economica che privilegia le esportazioni verso l’occidente, sia per lo stato di polizia, con forti pressioni di controllo sui cittadini e sugli artisti. In questo scenario, anche l’arte viene sottomessa al potere: il regime pretende omogeneità e cancellazione delle differenze. Negli anni del totalitarismo (fino al 1989, caduta del muro di Berlino e rivolta del popolo rumeno alla ditattura di Ceausescu) potevano sperare in un sostegno solo i rappresentanti delle arti monumentali: statue, mosaici, pitture murali, tele di grandi dimensioni, con immagini per elogiare il dittatore e la moglie, o per creare un’euforia nazionale. La censura imperava, impedendo qualsiasi informazione che potesse dare spazio alla libera creatività.

(3) Il XX secolo è stato per la Polonia, un periodo particolarmente denso di fatti storici e di accadimenti politici. L’arte ha spesso accompagnato queste vicende, affiancandosi, a volte silenziosamente, altre rumorosamente, soprattutto ai numerosi cambiamenti politici. Gli anni ’50 videro il realismo sociale imposto dal regime comunista, seguiti da un ventennio di arte cosiddetta “modernista”. Negli anni ‘70, tra clamori e malumori, spiccano il lavoro di Krzysztof Wodiczko con le sue gigantesche proiezioni a tema politico sugli edifici; i fotogrammi di Zofia Kulik, che a grandezza monumentale evidenzia i simboli dei regimi totalitaristi; e gli interventi di Tadeus Kantor, teorico, artista, scrittore di teatro, che ha rivoluzionato il concetto di arte e politica, in Polonia e non solo. Il decennio successivo si sviluppa sotto la parola “resistenza”, con i cambiamenti legati a “Solidarnosch”, e le conseguenti leggi marziali imposte dalle autorità sovietiche. Sarà solo nel 1989, con la caduta del muro di Berlino e la rimozione delle forze comuniste, che l’arte polacca si libera verso un sistema più democratico. Maggiore democrazia soprattutto nella liberalizzazione del mercato dell’arte, mentre le tematiche degli anni ’90 sono spesso indirizzate alla ricerca dell’identità individuale, e delle forme del corpo.

(4) Z. Bauman, massimo sociologo di Varsavia, teorico della post-modernità e della globalizzazione. Coerente e continua è la sua denuncia a tutte le storture delle società contemporanee e dei processi di globalizzazione senza regole (Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone; La società sotto assedio; Vite di scarto). Le sue riflessioni etiche sulla fragilità dei legami affettivi, sulle conseguenze drammatiche dei processi di cambiamento innescati dalla modernità (Modernità liquida), sulle contraddizioni in cui si dibatte l’identità postmoderna, incapace di assumere su di sé responsabilità e impegni duraturi (Voglia di comunità; Amore liquido; Intervista sull’identità), ne fanno uno dei pensatori in grado di fornire una chiave di lettura originale e acuta di ciò che avviene sulla scena mondiale contemporanea.

(5) Z. Bauman, Un'Avventura chiamata Europa, Laterza 2004
in cui Bauman afferma che I paesi dell’est europeo non sono «entrati» in Europa; dopo il loro ingresso l’Europa è diversa da quella che precedeva il loro arrivo. Una nuova avventura è cominciata, per la vecchia Europa, per i nuovi venuti, per tutti e due insieme. Ogni futuro sviluppo dipenderà dal contributo e dalla saggezza di tutti gli europei.