Politics of Verticality

di Eyal Weizman

Introduzione alla politica della verticalità.

Nessuno di noi ha una vera mappa mentale del conflitto israelo-palestinese. L’architetto Eyal Weizman ci spiega perché: noi ignoriamo la verticalità. In questa serie di articoli e di saggi fotografici, egli ricrea la stupefacente battaglia tridimensionale sopra la West Bank, dalle fondamenta ai palazzi, dagli scavi archeologici agli elicotteri Apaches.

Mappa degli insediamenti israeliani.

Le mappe bidimensionali della West Bank, fondamentali per la comprensione dei confini politici, sono state tracciate più e più volte, ma non si è mai riusciti a catturarne le ripartizioni verticali.

Per poter conoscere e governare un territorio l’uso di mappe è sempre stato fondamentale. La loro nascita è legata ai concetti di proprietà, di sovranità politica e di potere.

Una mappa, tuttavia, è bidimensionale, e rappresentando la realtà in base a due dimensioni, non solo non la rispecchia, ma ne utilizza gli elementi dando loro una nuova forma. Invece che descrivere il mondo, lo creano.

La geo-politica offre un approccio “piatto”: ignora la dimensione verticale e tende a volgere uno sguardo attraverso il paesaggio, invece di penetrarlo. È l’immaginario cartografico ereditato dalle spazialità politiche e militari dello stato moderno. Considerando che sia dal punto di vista legale che politico i luoghi sono visti esclusivamente in termini di carte e di progetti, le rivendicazioni territoriali su base cartografica pretendono di essere applicate simultaneamente sulla mappa e sul suolo sottostante.

I tecnocrati, gli ideologi ed i generali israeliani hanno continuato a tracciare mappe della West Bank dal 1967 fino ad oggi. Fare mappe è divenuta un’ossessione nazionale. Indipendentemente dalla natura dello spazio palestinese, essa è sempre subordinata alla cartografia israeliana. Ciò che era privo di nome cessava di esistere. Decine di edifici dispersi e piccoli villaggi sono scomparsi dalle carte e non sono mai stati dotati dei servizi di base.

La preoccupazione di una scoperta sempre più comple-ta del territorio era alimentata dalle crescenti ambizioni dei cartografi. Ogni mappa era legata ad un piano stra-tegico – da quello di Allon (1967-1970) a quello di Dro-bless (1977), di Dayan (1978-1979) e di Sharon (1981), fino ai vari progetti per Oslo (1993-1999) e quello pro-posto da Barak a Camp David (2000).

In ambedue le proposte di pace, di Oslo e di Camp David, l’intersecarsi dei territori ha reso impossibile tracciare un confine continuo tra gli israeliani e i palestinesi senza dover smantellare degli insediamenti.

Solo introducendo la dimensione verticale, attraverso strutture di soprapassaggi e di sottopassaggi sarebbe stato possibile ottenere un collegamento tra gli insediamenti e Israele, tra Gaza e la West Bank. Soluzioni che, peraltro, non hanno rinunciato ad utilizzare la mappa come strumento geo-politico, ma hanno attuato una sovrapposizione di una serie di mappe diverse.

L’orizzonte diveniva così una linea politica di separazione tra aria e terra, mentre faceva la sua comparsa un altro confine posto tra la crosta terrestre ed il sottosuolo. Nella West Bank aria e sottosuolo divennero perciò due spazi distinti, anziché organici e continui, rispetto alla superficie terrestre.

I confini internazionali tradizionali sono strumenti politici per dividere il territorio terrestre sulle mappe e nei progetti; la loro espressione in forme geometriche, secondo i principi delle norme proprietarie, può essere descritta come un insieme di piani verticali che si estendono dal centro della terra fino in cielo. Il passaggio da una suddivisione planare del territorio alla creazione di frontiere tridimensionali attraverso volumi sovrastanti, ridefinisce il rapporto tra sovranità e spazio.

La “politica della verticalità” comporta la revisione delle tecniche cartografiche in uso e richiede una rappresentazione spaziale sul modello Escher: un ologramma territoriale nel quale le azioni politiche di manipolazione e di moltiplicazione del territorio trasformino una superficie bidimensionale in un volume tridimensionale.

Valli e colline della West Bank.

I rilievi montuosi giocano un ruolo particolare nella sacralità sionista. I coloni sorgono dalle pieghe della ter-ra del West Bank e salgono verso le alture, dove i loro imperativi politici e spirituali potranno fondersi.

Il conflitto israelo-palestinese è di carattere territoriale benché avvenga su tre dimensioni. Si definisce, più di ogni altra cosa, per dove e come l’insediamento avviene. È il territorio che detta la natura, l’intensità e i punti determinanti per il confronto. Il conflitto si manifesta con maggior evidenza nell’adattamento, nell’edificazione o nella distruzione del paesaggio e dell’ambiente abitato. Molte volte le decisioni di pianificazione non vengono prese in base a criteri di sostenibilità economica, ecologica o all’efficienza dei servizi, bensì nell’intento di pro-getti strategici e di programmi nazionali.

La West Bank ha un territorio con caratteristiche topo-grafiche che vanno da un estremo all’altro, dai quattro-centoquaranta metri sotto il livello del mare nel Mar Morto fino ai mille metri delle cime di Samaria. Il conflitto si svolge nelle regioni montuose e ciò ne ha influen-zato i suoi aspetti.

Dalle pianure alle colline (e ritorno)

Il progetto di insediamenti nella West Bank rappresenta il culmine del viaggio sionista dalle pianure verso le col-line. Il viaggio si prefiggeva di risolvere il paradosso del-la originaria spazialità sionista – che, nel tentativo di fare ritorno alla “Terra Promessa”, ha capovolto la geografia degli insediamenti dei tempi biblici.

L’osservazione di Braudel – “Le montagne sono di regola un mondo lontano dalla civiltà, tipica invece delle città e delle pianure” – ben si addice all’antica geografia di Israele. I monti della Giudea divennero fertile terreno per un’isolata forma di monoteismo, mentre la pianura, abitata dai filistei Fenici, gli “invasori venuti dal mare”, diede vita ad una cultura integrata e progressista, lontana dall’isolamento della montagna e vicina alla rete viaria internazionale e ai porti.

Il movimento sionista giunse in Israele nel XX secolo, divenendo esso stesso un “invasore venuto dal mare”. Dominato da un socialismo moderno e pragmatico, si insediò soprattutto lungo le pianure della costa e nelle fertili vallate settentrionali, territori che ben si adattavano al suo concetto di attività agricola. Questo modello spaziale dominò il paesaggio israeliano sino al cambiamento politico del 1977, nel corso del quale il partito radicale del Likud prese per la prima volta il posto del laburismo al potere.

La “occupazione civile” della West Bank è un processo iniziato nell’arida e profonda valle del Giordano durante i primi dieci anni del dominio israeliano con le forze laburiste (1967-1977). In base al progetto Allon furono costruiti quindici villaggi agricoli che, fu sottolineato, garantivano la “massima sicurezza e il più vasto territorio ad Israele, con una percentuale minima di arabi”. Con il cambiamento del clima politico in Israele, ebbe inizio anche la ricostruzione dell’identità sionista. Gli insediamenti iniziarono una lunga e costante ascesa verso le montagne, dove comunità isolate come in tanti dormitori si sparsero sulle cime delle colline inospitali; in assenza di un hinterland agricolo si dedicavano esclusivamente alla coltivazione della “sacralità” della loro terra.

Gli insediamenti sulle montagne, costruiti negli ultimi anni settanta e nei primi ottanta spostarono l’impeto espansionistico dal pionierismo agricolo al misticismo e al trascendentalismo. Gli insediamenti furono promossi soprattutto da Gush Emunim (The Block of Faith), un’organizzazione nazional-religiosa che fondeva il messiani-smo biblico, una fede nella “Terra di Israele”, con un pensiero politico che non permetteva alcuna concessione territoriale. L’ascesa dalle pianure alle colline coincise con lo sviluppo di un sentimento in base al quale si agiva secondo un piano divino. Esso prometteva la “rigenerazione dell’anima “e il raggiungimento di un “rinnovamento personale e nazionale”, nel nome del tipico misticismo delle altu-re. Di recente Ephi Eitam, generale in pensione attualmente popolare leader del Partito Nazional Religioso, si è opposto allo smantellamento degli insediamenti di montagna con questa dichiarazione: “Chiunque proponga il nostro ritorno alla pianura, alla sabbia, ai principi secolari e intenda abbandonare in mano straniera le sacre alture, propone una scelta senza senso”.

Al di là di un gruppo di estremisti insediati sulle cime delle montagne della West Bank, la maggioranza dei coloni costruì la propria casa sui pendii occidentali vici-ni ai confini del 1967. Essi cercavano una migliore qualità di vita e si insediarono nei verdi sobborghi che appartenevano alle grandi regioni metropolitane di Tel Aviv e di Gerusalemme.

Attratti dalla retorica degli “standard di vita”, della “qualità di vita”, dell’“aria pulita” e degli “spazi aperti”. “Tutto ciò che sognate“ ad un costo accettabile; un richiamo particolarmente allettante per chi acquistava la prima casa. I coloni beneficiavano di sostanziosi sussidi governativi; con lo stesso prezzo di un piccolo appartamento a Tel Aviv potevano acquistare case vere in mattoni con il proprio giardino.

La pianificazione verticale

Matityahu Drobless fu nominato capo della Jewish Agency’s Land Settlement Division nel 1978. Poco dopo pubblicò The Master Plan for the Development of Settle-ments in Judea and Samaria (Piano globale per lo sviluppo degli insediamenti in Giudea e nella Samaria). In questo progetto egli sollecitava il governo a: “[…] fare una corsa contro il tempo […] è ora il momento migliore [quando la pace con l’Egitto sembrava imminente] per dare inizio ad una vasta serie di insediamenti, soprattutto nelle zone montuose della Giudea e di Samaria […] Va fatto subito e in modo tangibile, va preso il territorio dello stato e la terra incolta in modo da colonizzare le aree tra i nuclei di popolazione (palestinese) e le aree limitrofe […] esclusa dagli insediamenti ebraici la popolazione minoritaria [sic] faticherà a raggiungere un’unificazione e ad attuare una continuità territoriale.

” Il grande progetto Drobless indicava le località possibili per decine di nuovi insediamenti. Esso si riprometteva di raggiungere i suoi obiettivi politici attraverso la riorganizzazione dello spazio. Basandosi principalmente sulla topografia, Drobless propose la realizzazione di una nuova rete stradale a traffico intenso che collegasse la regione centrale israeliana alla West Bank e oltre. Le strade dovevano svilupparsi lungo le ampie vallate occidentali, mentre i nuovi insediamenti dovevano disporsi, per motivi di sicurezza, sulla cima delle colline che fiancheggiavano le strade. Egli propose anche la realizzazione di insediamenti sulle alture attorno alle grandi città palestinesi e nei pressi delle strade che le collegavano. Questa disposizione territoriale strategica ha preso forma recentemente durante l’invasione delle città e dei villaggi palestinesi da parte dell’esercito israeliano. Alcuni insediamenti sono stati d’aiuto alle forze israeliane (IDF) per vari motivi, soprattutto come località dove organizzare le truppe, rifornirle di carburante, oltre a permettere di rischierarsi.

I territori in cima alle colline furono acquisiti dallo stato con facilità. In assenza di un catasto delle proprietà terriere nel periodo del dominio giordano, Israele poté impadronirsi legalmente di tutti i terreni incolti. Le terre coltivate dai palestinesi si trovano soprattutto nelle valli dove il suolo alluvionale, adatto all’agricoltura, si è formato sgretolandosi dai pendii calcarei delle alture della West Bank. Le cime desolate sono lasciate a se stesse. Il governo israeliano ha varato un progetto su vasta scala per la mappatura topografica e lo sfruttamento del territorio. Il terreno è stato catalogato e misurato, sono state calcolate le pendenze e l’estensione degli appezzamenti incolti. I risultati, riassunti in cifre, indicano che il 38 per cento della West Bank è sotto controllo israeliano, ancorché isolato in lotti separati attorno alle alture. Territorio che è stato quindi reso disponibile per gli insediamenti.

[La presente ricerca sugli insediamenti è alla base della collaborazione tra Eyal e il suo socio, l’architetto Rafi Segal, per la mostra dell’Unione Internazionale degli Architetti (UIA), Congresso di Berlino, luglio 2002. www.opendemocracy.net].

INDICE DE “LA POLITICA DELLA VERTICALITÀ”
INTRODUZIONE
MAPPE VALLI E COLLINE DELLA WEST BANK
GLI INSEDIAMENTI DELLA WEST BANK
URBANISMO VISIVO
IL PARADOSSO DELLA DOPPIA VISIONE
DALL’ACQUA AGLI ESCREMENTI
SCAVANDO NELLA SACRALITÀ
GERUSALEMME
STRADE – SOPRA E SOTTO
CONTROLLO NELL’ARIA